Precisione e universalità: i nomi sanscriti delle asana sono spesso più precisi rispetto alle traduzioni in altre lingue. Questo è particolarmente utile perché i termini sanscriti sono compresi a livello internazionale, offrendo pertanto una terminologia comune che può essere riconosciuta da chi pratica yoga in tutto il mondo, indipendentemente dalla lingua parlata.
 
Valore simbolico e spirituale: nella tradizione yogica, molte parole sanscrite hanno un significato simbolico o spirituale profondo. Ad esempio, i mantra vengono utilizzati non solo per i loro significati letterali, ma anche per le vibrazioni e il potere che si ritiene possano trasmettere durante la recitazione. Gli insegnanti di yoga possono dunque voler mantenere questo aspetto della pratica, che va oltre il semplice esercizio fisico e abbraccia una dimensione più spirituale e meditativa, in un vero e proprio parlare yoga.
 
Riconoscimento e rispetto per la tradizione: molti praticanti e insegnanti occidentali considerano importante rispettare e riconoscere il contesto storico e filosofico dello yoga. L’uso della terminologia sanscrita può essere un segno di rispetto per la tradizione millenaria indiana da cui lo yoga proviene.
 
Parlare yoga viene dunque spontaneo, come completamento di ogni pratica, anche in Occidente o lontano dai luoghi di origine dello Yoga.